I 120 giorni di Sodoma - 30 - parte1, IL VENTINOVESIMO GIORNO

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I 120 giorni di Sodoma - 30 - parte1, IL VENTINOVESIMO GIORNO

IL VENTINOVESIMO GIORNO

C'è un proverbio - e che belle cose sono i proverbi - ce n'è uno, dico, che sostiene che l'appetito si ristabilisce mangiando. Questo proverbio, per quanto grossolano, anzi volgare, ha nondimeno un significato molto vasto: vale a dire che, a forza di compiere orrori, si stuzzica il desiderio di commetterne altri, e che più se ne commettono, più se ne desidera.
Ebbene, proprio questo è stato il caso dei nostri insaziabili libertini. Con una durezza imperdonabile, con una detestabile finezza di dissolutezza, essi, come sappiamo, avevano condannato le loro mogli a render loro i servizi più vili e impuri una volta uscite dalla latrina. Non si accontentarono di ciò, e il 29 novembre proclamarono una nuova (che sembrava ispirata al libertinaggio sodomistico della notte precedente), una nuova legge, dico, che stabiliva che, a partire dal 1° dicembre, quelle mogli sarebbero servite come uniche pentole per i bisogni dei loro padroni, e che detti bisogni, sia maggiori che minori, non sarebbero mai stati soddisfatti da nessuna parte se non nella bocca delle loro mogli; che ogni volta che i signori fossero stati spinti a soddisfare questi bisogni fondamentali, sarebbero stati seguiti da quattro sultane che, una volta soddisfatto il bisogno, avrebbero reso loro il servizio che fino ad allora le mogli avevano loro reso e che dette mogli non avrebbero potuto da allora in poi fornire. renderli, poiché avrebbero avuto un impiego più grave; che le quattro sultane officianti sarebbero Colombe per Curval, Hébé per il Duca, Rosette per il Vescovo e Michette per Durcet; e che il minimo errore o fallimento commesso nel corso dell'una o dell'altra di queste operazioni, sia nel corso di quella che coinvolgeva le mogli, sia in quella che coinvolgeva le quattro ragazzine, sarebbe stato punito con prodigiosa severità.
Le povere donne non appena seppero di questo nuovo regolamento cominciarono a piangere e a torcersi le mani, purtroppo tutto fu invano. Era tuttavia stabilito che ciascuna moglie servisse il marito e il vescovo Aline, e che per quest'unica operazione i Messieurs non avrebbero potuto scambiarli. Fu ordinato a due governanti di presentarsi a turno per lo stesso servizio, e l'ora della loro prestazione fu fissata inderogabilmente all'ora in cui i signori sarebbero partiti dalle orge serali; fu deciso che i signori avrebbero sempre proceduto a questo rito in reciproca compagnia, che mentre gli anziani operavano, le quattro sultane, in attesa di prestare il servizio loro richiesto, avrebbero fatto bella mostra dei loro asini, e che i gli anziani si spostavano da un ano all'altro, per premerlo, aprirlo e incoraggiarlo in generale a funzionare. Promulgato questo regolamento, gli amici procedettero quella mattina ad amministrare le punizioni che non erano state distribuite la sera prima a causa della decisione di compiere le orge con l'ausilio di soli uomini.
L'operazione è stata effettuata nei quartieri della sultana; furono curati tutti e otto, e dopo di loro vennero Adelaide, Aline e Cupidon, anch'essi inclusi nella lista fatale; la cerimonia, con i dettagli e tutto il protocollo osservato in tali circostanze, si trascinò per quasi quattro ore, al termine delle quali le Signori Signorie scesero a cena con la testa che girava, soprattutto quella di Curval, perché questi, amando prodigiosamente questi esercizi, non vi ha preso parte senza un'erezione definita. Quanto al Duca, si era congedato nel bel mezzo della mischia, e così anche Durcet. Quest'ultimo, che cominciava a sviluppare un'irascibilità libertina molto maliziosa nei confronti della moglie Adelaide, non poteva disciplinarla senza brividi di piacere che finirono per sciogliere il suo seme.
La cena era, come al solito, seguita dal caffè; I signori, disposti ad avere dei bei culetti a portata di mano, avevano incaricato Zéphyr e Giton di servire le coppe, e a questi due avrebbero potuto aggiungerne un gran numero d'altri; ma non c'era una sultana il cui culo fosse in uno stato adeguato. Come da programma, la squadra del servizio del caffè è stata completata da Colombe e Michette. Curval, esaminando il sedere di Colombe, il cui stato inzuppato, in parte per opera dello stesso Presidente, suscitava in lui dei desideri singolari, infilò da dietro il suo uccello tra le sue cosce, accarezzandole vivacemente le natiche; di tanto in tanto, mentre si muoveva avanti e indietro, il suo motore, come per un cattivo indirizzo, urtava contro il caro piccolo buco che avrebbe dato un regno da perforare. Per un momento lo studiò attentamente.
"O Dio santo," disse rivolto agli amici, "pagherò subito alla società duecento luigi per il permesso di fottere questo culo."
Ma la ragione prevalse, mantenne il controllo e non si scaricò nemmeno. Ma il Vescovo ebbe in bocca la scarica di Zéfiro e cedette il proprio sesso santificato inghiottendo quello di quel delizioso bambino; Durcet si fece prendere a calci nel culo da Giton, poi fece cagare Giton e rimase casto. I signori si trasferirono nell'auditorium, dove ciascun padre, secondo un accordo che si riscontrava piuttosto spesso, aveva la figlia sul divano accanto a sé; calzoni abbassati, ascoltarono i cinque racconti del nostro talentuoso narratore.

Sembrava che, dal giorno in cui avevo eseguito così esattamente la pia volontà di Fournier, la felicità sorridesse sempre più calorosamente alla mia casa, diceva quella distinta puttana. Non avevo mai avuto così tante conoscenze facoltose.
Il priore benedettino, tra i miei clienti più fedeli, un giorno venne a dirmi che, avendo sentito parlare di una fantasia davvero notevole e avendola successivamente osservata messa in scena da un suo amico che ne era impazzito, aveva avuto un forte desiderio di metterla in atto. se stesso, e quindi mi chiese una ragazza ben fatta e con i capelli. Gli regalai una grossa creatura di ventotto anni che aveva dei veri e propri boschetti sia sotto le ascelle che sul tumulo. "Magnifico", disse il priore vedendo la merce, "è proprio quello di cui ho bisogno." E poiché lui e io eravamo molto legati l'uno all'altro, poiché avevamo fatto insieme molte allegre cadute, non fece obiezioni quando chiesi il permesso di vederlo al lavoro. Fece spogliare la ragazza e la fece adagiare a metà su un divano, con le braccia tese sopra la testa, e, armato di un paio di forbici affilate, si mise a tagliarle il cuore sotto le braccia. Una volta che ne ebbe tagliato via ogni pezzettino, si voltò verso il suo monticello e lo rasò anche lui, ma così a fondo che una volta finito non si sarebbe mai creduto che il minimo residuo di capelli fosse mai cresciuto su nessuna delle aree che aveva lavorato. Sopra. Fatto il lavoro, baciò le parti che aveva rasato e sprizzò il cazzo su quel monticello senza peli, in perfetta estasi per il frutto del suo lavoro.
Un'altra richiedeva una cerimonia senza dubbio molto più bizzarra: penso ora al duca di Florville; Mi è stato consigliato di portargli una delle donne più belle che potessi trovare. Un servitore ci ha accolto nella villa del Duca e siamo entrati da una porta laterale.
"Adesso prepareremo questa bella creatura", mi disse il cameriere; "perché ci sono diversi aggiustamenti da fare affinché lei sia in grado di divertire Milord il Duca... vieni con me."
Per deviazioni e corridoi egualmente cupi e immensi giungemmo infine a una lugubre suite, illuminata soltanto da sei candele poste a terra attorno a un materasso ricoperto di raso nero; tutta la stanza era ricoperta di oggetti funebri, e la vista, quando entrammo, suscitò in noi le peggiori apprensioni.
"Calma le tue paure," disse la nostra guida, "non subirai il minimo male; ma sii pronta a tutto," aggiunse rivolto alla ragazza, "e soprattutto bada di fare tutto quello che ti dirò."
Le fece togliere tutti i vestiti, le sciolse la pettinatura e le indicò di lasciare sciolti i capelli, il che era stupendo. Poi le ordinò di sdraiarsi sul materasso circondata da alte candele, di fingere la morte e di stare estremamente attenta, per tutta la scena successiva, a non muoversi né respirare più profondamente del dovuto.
"Perché se purtroppo il mio padrone, che sta per immaginarti morto davvero, si accorge che stai solo fingendo, si arrabbierà, ti lascerà subito e sicuramente non ti pagherà un soldo."
Appena ebbe deposto la ragazza sul pagliericcio nell'atteggiamento di un cadavere, le fece storcere la bocca in modo da dare l'impressione di dolore, anche i suoi occhi dovevano suggerire che fosse morta in agonia; le sparse le trecce sul seno nudo, le posò accanto un pugnale e vicino al suo cuore spalmò sangue di pollo, dipingendo una ferita grande quanto una mano.
"Ti ripeto," disse alla ragazza, "non aver paura, non hai niente da dire, niente da fare, devi semplicemente rimanere assolutamente immobile e prendere fiato nei momenti in cui lo vedi più lontano E ora, signora," mi disse il cameriere, "possiamo uscire dalla stanza. Venite con me, per favore; affinché non vi preoccupiate per la vostra ragazza, vi metterò dove potrete sentire e guarda l'intera scena."
Uscimmo dalla stanza, lasciando la ragazza, che non era priva di dubbi, ma che i discorsi del domestico avevano un po' rassicurato. Mi conduce in una stanzetta attigua all'appartamento dove si dovrà celebrare il mistero, e attraverso una fessura tra due pannelli, sui quali era appesa la stoffa nera, ho potuto sentire tutto. Vedere era ancora più facile, perché la stoffa era solo crêpe, potevo distinguere gli oggetti dall'altra parte con la stessa chiarezza come se fossi stato nella stanza stessa.
Il cameriere tirò la corda che suonò un campanello, quello fu il segnale, e pochi minuti dopo vedemmo entrare sul palco un uomo alto, magro e magro, sulla sessantina. Sotto un'ampia vestaglia di taffetà indiano era completamente nudo. Si fermò appena varcata la soglia; Sarà meglio dirvi adesso che il Duca, supponendo che fosse completamente solo, non aveva la più pallida idea che le sue azioni fossero osservate.
"Ah, che bel cadavere!" esclamò subito. «La morte... è bella da vedere... Ma, mio ​​Dio, che cos'è questa?» disse vedendo il sangue, il coltello. "Deve essere stato un assassino... solo un momento fa... ah, gran Dio, come deve essere rigido adesso, la persona che ha fatto questo."
E, dannandosi:
"Quanto mi sarebbe piaciuto vederlo sferrare quel colpo!"
E accarezzando il cadavere, passandogli la mano sul ventre:
"Incinta?... No, evidentemente no. Che peccato."
E continuando ad esplorare con le mani:
"Carne superba! È ancora caldo... un bel seno."
Allora si chinò su di lei e le baciò la bocca con incredibile emozione:
"Sbava ancora", disse; "quanto adoro questa saliva!"
E ancora una volta le affondò la lingua fin quasi nella gola; nessuno avrebbe potuto interpretare il ruolo in modo più convincente di quella ragazza, lei giaceva immobile e ogni volta che il Duca si avvicinava smetteva del tutto di respirare. Alla fine la fece rotolare a pancia in giù:
"Devo dare un'occhiata a questo bel culo," mormorò.
E dopo averlo scansionato:
"Gesù Cristo! Che natiche impareggiabili!"
E poi li aprì, li baciò, e lo vedemmo distintamente infilare la lingua in quel buchetto astuto.
"Oh, parola mia!" esclamò sudando d'ammirazione, "questo è certamente uno dei cadaveri più superbi che abbia mai visto in vita mia; felice colui che ha tolto la vita a questa ragazza, oh, persona invidiabile, che piacere deve aver provato!"
L'idea stessa lo fece licenziare; lui era disteso accanto a lei, la stringeva, le cosce incollate alle sue natiche, e le scaricava sul buco del culo, dando incredibili segni di piacere, e, mentre cedeva il suo sperma, piangeva come un demone:
"Ah cazzo, cazzo, ah buon Dio, se solo l'avessi uccisa, se solo fossi stato io!"
Finita così l'operazione, il libertino si alzò e scomparve; siamo entrati nella stanza per resuscitare il nostro piccolo amico coraggioso. Era esausta, incapace di muoversi: la costrizione, la paura, tutto le aveva annebbiato i sensi, era quasi pronta con tutta serietà a diventare il personaggio che aveva appena impersonato così abilmente. Partimmo con quattro luigi che ci diede il cameriere; come potete ben immaginare, senza dubbio non cedette più della metà della nostra paga.
"Voi dei viventi!" esclamò Curval, "questa è una passione! Per non dire altro, la cosa ha sapore, profumo."
"Sono rigido come un mulo," disse il Duca; "Ci scommetto la mia fortuna, quel tipo aveva altri assi nella manica."
"Hai ragione, mio ​​signore", disse Martaine; "di tanto in tanto usava un maggiore realismo. Penso che Madame Desgranges e io abbiamo delle prove per dimostrarvelo."
"E cosa diavolo farai nell'attesa?" chiese Curval al duca.
"Non disturbarmi, non disturbarmi," gridò il Duca, "mi scopo mia figlia, faccio finta che sia morta."
"Mascalzone," ribatté Curval, "questo ti fa venire in mente due delitti."
"Ah, cavolo," disse il duca, "se fossero più veri..."
E il suo seme impuro irruppe nella vagina di Julie.
"Ebbene, Duclos, che cosa viene dopo? Continuate con le vostre storie," disse non appena ebbe finito la sua faccenda, "continua, mio ​​caro amico, non lasciate che il presidente si congedi, perché lo sento." laggiù sta instaurando un rapporto incestuoso con sua figlia; il simpatico piccoletto si sta mettendo in testa delle idee malvagie; i suoi genitori mi hanno nominato suo tutore, si aspettano che io tenga d'occhio il suo comportamento e mi dispiacerebbe se fosse diventare pervertito."
"Troppo tardi," disse Curval, "troppo tardi, vecchio mio, mi congedo; ah, Cristo sia fregato, è una bella morte."
E mentre incantava Adelaide, il mascalzone immaginava, come il Duca, di scoparsi la figlia assassinata; O incredibile distrazione dell'animo di un libertino, che non può né sentire né vedere, ma vorrebbe imitarlo in quell'istante!
"Duclos, devi davvero continuare," disse il vescovo, "altrimenti mi lascerò sedurre dall'esempio di quegli osceni, e nel mio stato attuale potrei andare molto più lontano di loro."

Qualche tempo dopo quell'ultima avventura andai da solo a casa di un altro libertino, disse Duclos, la cui mania, forse più umiliante, non era però così saturnina. Mi riceve in un salotto il cui pavimento era coperto da un bellissimo tappeto. Mi ordina di togliermi tutto quello che indosso e poi, facendomi inginocchiare:
"Vediamo," dice, accarezzando e battendo le teste di due alani sdraiati ai lati della sua sedia, "vediamo se siete agili e veloci come i miei cani. Pronti? Andate a prenderlo!"
E detto questo getta per terra delle grosse caldarroste; parlandomi come se fossi un animale, dice:
"Vai a prenderli!"
Corro a quattro zampe dietro a una castagna, pensando che sia meglio giocare con buon umore ed entrare nello spirito della sua eccentricità; Corro, dico, cerco di riportare le castagne, ma i due cani, anch'essi balzando avanti, mi precedono, afferrano le castagne e le riportano al loro padrone.
"Bene, hai chiaramente bisogno di un po' di pratica prima di essere in buona forma," disse il gentiluomo; "non è per caso che hai paura che i miei cani ti mordano? Non preoccuparti per loro, mia cara, non ti faranno male, ma dentro di te, lo sai, ti disprezzeranno se vedono che sei una creatura goffa. Quindi proviamo di nuovo, impegniamoci di più. Ecco la tua occasione per pareggiare... riportalo indietro!"
Un'altra castagna lanciata, un'altra vittoria portata dai cani, un'altra sconfitta per me; ebbene, per farla breve, il gioco durò due ore, durante le quali solo una volta riuscii a prendere la castagna e a riportarla in bocca a chi me l'aveva lanciata. Ma sia trionfante che sconfitto, i cani non mi hanno mai fatto del male; anzi, sembrava che si divertissero giocando e si divertissero con me, come se anch'io fossi un cane.
"Basta così," disse il signore. "Hai lavorato abbastanza; è ora di mangiare."
Suonò, entrò un servitore.
"Porta del cibo per i miei animali", ha detto.
E un attimo dopo il servo ritornò portando una mangiatoia d'ebano piena di una specie di carne tritata molto delicata. Posò la mangiatoia sul pavimento.
"Va bene," mi dissero i miei signori, "scendi a mangiare coi miei cani, e cerca di fare uno spettacolo migliore mangiando che mentre giocavi."
Non avevo nulla a cui rispondere; Ho dovuto obbedire. Sempre a quattro zampe, ho immerso la testa nella mangiatoia; l'abbeveratoio era molto pulito, il cibo molto buono, mi misi a sgranocchiare accanto ai cani, che molto gentilmente si avvicinarono lasciandomi tranquillamente alla mia parte. E quello fu il momento critico per il nostro libertino; l'umiliazione di una donna, la degradazione a cui la riduceva, stimolavano meravigliosamente il suo animo.
"Oh, che schifo!" disse, fregandosi assiduamente, "il vagabondo, guardala lì, che si abbuffa di cani, così si dovrebbero trattare tutte le donne, e se fossero trattate così, non avremmo più sfacciataggine da parte loro, ah no! Animali domestici come quei cani, perché non dovrebbero essere trattati allo stesso modo? Ah! stronza impudente che sei, puttana, melma, feccia!" gridò avvicinandosi e spruzzandomi il suo cazzo sul sedere, "ciccione, ti farò mangiare con i miei cani."
E quella fu la fine; il nostro uomo scomparve, mi vestii prontamente e, accanto al mantello, trovai due luigi, il prezzo attuale e senza dubbio quello che il furfante era abituato a pagare per i suoi piaceri.
A questo punto, signori, continuò Duclos, sono obbligato a tornare sui miei passi e, a conclusione dei racconti della serata, a raccontare due avventure avute durante la mia giovinezza. Dato che sono un po' forti, sarebbero stati fuori posto in mezzo alle blande scappatelle con cui mi hai fatto iniziare all'inizio del mese; e così li ho messi da parte e li ho conservati per la fine del mio contributo.
Avevo allora solo sedici anni e stavo ancora con la signora Guérin; Ero stato mandato a casa di un uomo di indiscussa distinzione e, una volta arrivato lì, mi era stato semplicemente detto di aspettare in una piccola anticamera, di sentirmi a mio agio, di assicurarmi di obbedire al signore che presto sarebbe arrivato. fare sport con me; ma si guardarono bene dal dirmi altro: non avrei avuto un tale spavento se fossi stato avvisato, e il nostro libertino non avrebbe certo avuto altrettanto piacere. Ero nella stanza da circa un'ora quando finalmente la porta si aprì. Era il padrone di casa in persona.
"Che diavolo ci fai qui," chiese con aria sorpresa, "a quest'ora?... Che ne dici, puttana?" grida, prendendomi per la gola e quasi senza fiato, "che ne dici! Quella troia è venuta qui per derubarmi?"
Chiama qualcuno, subito appare un servitore fidato.
"La Fleur," dice arrabbiato il suo padrone, "ho qui una ladra; si era nascosta quando sono entrato. Spogliatela e preparatevi a eseguire gli ordini che vi do."
La Fleur fa come gli viene detto, in un attimo mi spogliano dei miei vestiti, vengono gettati da parte mentre vengono staccati dal mio corpo.
"Va bene," dice il libertino al suo servitore, "vai a cercare un sacco, poi cucici dentro questa creatura e gettala nel fiume."
Il cameriere va a cercare il sacco. Lascio a voi chiedervi se non ho approfittato di questi pochi istanti per gettarmi ai piedi del nobile e pregarlo di risparmiarmi, assicurandogli che era stata la signora Guérin, la sua abituale mezzana, a mandarmi lei stessa da lui. casa. Ma il lascivo signore non ne vuole sapere, afferra le mie due natiche e me le impasta brutalmente tra i pugni:
"Ma che cavolo," dice, "credo che darò in pasto ai pesci questo bel culo."
Quella era l'unica azione lubrica che sembrava disposto a permettersi, e fino ad allora non aveva rivelato nulla che potesse indurmi a supporre che il libertinaggio avesse qualcosa a che fare con la scena. Il cameriere ritorna portando con sé un sacco; malgrado tutte le mie proteste, e si erano infuriate, mi buttano dentro, l'imboccatura del sacco è cucita, e La Fleur mi carica sulle sue spalle. Fu allora che sentii gli effetti della crescente crisi del nostro libertino; probabilmente aveva cominciato a fregarsi non appena mi avevano messo a sacco. Nello stesso istante La Fleur mi sollevò sulle sue spalle, il cazzo del cattivo lo lasciò.
"Nel fiume, nel fiume, mi senti, La Fleur?" disse balbettando di piacere. "Sì, nel fiume con lei, e metterai una pietra nel sacco, così la puttana annegherà più presto."
E non disse altro, fui confermato, andammo nella stanza attigua dove La Fleur, dopo aver squarciato il sacco, mi restituì i miei vestiti, mi diede due luigi, e mi diede anche una prova inequivocabile del modo in cui si era comportato. , radicalmente diverso da quello del suo padrone, in cui si comportava alla ricerca della felicità; poi sono tornato da Guérin. Ho rimproverato severamente Guérin per avermi mandato lì così poco preparato; per placarmi organizzò un'altra festa: ebbe luogo due giorni dopo, ed ero ancora meno preparato alla battaglia che avrei dovuto combattere con questo nuovo nemico.
Più o meno come nell'avventura che ho appena raccontato, dovevo andare ad aspettare in un'anticamera dell'appartamento di un generale agricoltore, ma questa volta aspettai in compagnia del cameriere che, mandato lì dal suo padrone, era venuto a prendermi da Guérin. Per passare il tempo prima dell'arrivo del mio gentiluomo, il cameriere mi ha divertito portando fuori ed esponendo alcune pietre preziose custodite in un cassetto della scrivania della stanza.
"Che Dio mi benedica," disse il buon ruffiano, "se ne prendessi uno o due, non credo che farebbe molta differenza; il vecchio Creso è così dannatamente ricco che scommetto che non sa nemmeno quanti di loro" o che tipo ha qui sulla scrivania. Vai pure, se vuoi, non preoccuparti per me, non sono il tipo che tradisce un amichetto."
Ahimè! Ero fin troppo ben disposto per seguire questo perfido consiglio; conosci le mie predilezioni, te ne ho parlato; e così, senza che dicesse altro, ho messo mano su una scatoletta d'oro da sette o otto luigi, non osando scappare con nessun oggetto più prezioso. Questo era tutto ciò che desiderava quel furfante di cameriere, e per evitare di dover ritornare sull'argomento più tardi, seppi poi che, se mi fossi rifiutato di prendere qualcosa, lui, senza che me ne accorgessi, mi avrebbe fatto scivolare uno o due gioielli. nella mia tasca. Arriva il padrone, mi saluta con gentilezza e cortesia, il cameriere esce dalla stanza, restiamo lì insieme. Quest'uomo, a differenza dell'altro, si divertiva davvero; mi ha sparso una profusione di baci sul culo, mi ha fatto flagellare, scoreggiare nella sua bocca, ha infilato il suo cazzo nel mio, e in una parola si è saziato di ogni tipo e forma di lubricità tranne quella che talvolta cercava nella fica; ma è stato tutto inutile e non ha scaricato. Non era ancora giunto il momento propizio, tutto ciò che aveva fatto era secondario, preparatorio; presto vedrai a cosa portava.
"Perché, stelle mie!" esclamò all'improvviso, "mi era completamente passato di mente. C'è ancora un domestico nell'altra stanza che aspetta una gemma che poco fa ho promesso di dargli per il suo padrone. Scusatemi, mia cara, ma devo davvero mantenere la mia parola." a lui; poi torneremo al lavoro."
Colpevole del piccolo furto che avevo appena commesso su istigazione di quel maledetto cameriere, puoi ben supporre che questa osservazione mi abbia fatto tremare. Ho pensato per un attimo di fermarlo, di confessare il furto, poi ho deciso che sarebbe stato meglio fare l'innocente e correre il rischio. Apre la scrivania, fruga prima in un cassetto e poi nell'altro, fruga e, non trovando quello che cerca, mi lancia sguardi furibondi.
"Tu, sgualdrina, tu sola," dice, "a parte un cameriere nel quale ho tutta la fiducia, sei stata l'unica persona ad entrare in questa stanza nelle ultime tre ore; manca l'articolo; devi averlo preso tu. "
«Oh, signore,» dico tremando in tutte le membra, «potete star certo che sono incapace...».
"Accidenti ai tuoi occhi," ruggisce (ora noterai che i suoi pantaloni erano ancora sbottonati, che il suo cazzo sporgeva da essi, che questo cazzo aveva una pendenza verticale; tutto questo, penseresti, avrebbe dovuto illuminarmi e dissipato le mie paure, ma avevo quasi perso la testa e non avevo notato nulla), "vieni, buggress, il mio tesoro deve essere ritrovato."
Mi ha ordinato di spogliarmi; venti volte l'ho pregato in ginocchio di risparmiarmi l'umiliazione di una simile ricerca, nulla si sarebbe commosso, nulla lo scioglieva, lui stesso con rabbia mi ha strappato i vestiti, e appena fui nudo mi frugò nelle tasche e, naturalmente, non passò molto tempo prima che si imbattesse nella scatola.
"Ah, stronza!" esclamò. "Non ho bisogno di altro per convincermi. Allora, bastardo, vieni a casa di un uomo per derubarlo?"
E chiamando subito il suo luogotenente:
"Andate a chiamare subito un agente della polizia," disse.
"Oh, signore!" Ho gridato: "abbi pietà della mia abbandono giovanile, sono stato ingannato in questo, non è stato fatto di mia volontà, mi è stato detto di...".
"Ebbene," lo interruppe il lascivo signore, "spiegarai tutto all'ufficiale, perché che io sia dannato se non intendo fermare tutti questi delitti."
Il cameriere riparte; il libertino, ancora in un'erezione accecante, si butta in poltrona e, mentre si armeggia sul cavallo, mi riversa addosso mille invettive.
"Questo vagabondo, questo mostro," disse, "viene a casa mia per derubarmi, io che volevo darle la ricompensa che meritano i suoi servizi... ah, per Dio, vedremo."
Mentre dice queste parole si sente bussare alla porta e vedo entrare un gendarme.
"Agente", dice il padrone del locale, "ho qui una ladra che desidero affidare a voi e ve la consegno nuda, perché l'ho messa in quello stato per perquisire i suoi vestiti; lì ecco la ragazza, là ci sono i suoi vestiti, ed ecco l'oggetto rubato; vi prego di farla impiccare, agente, e buona notte a voi."
Dopodiché barcollò all'indietro, si sedette sulla sedia e si scaricò.
"Sì, impiccate quella puttana, per Dio mio, voglio vederla impiccare, agente, mi capite? Impiccatela, non vi chiedo altro!" ha quasi urlato.
Il finto gendarme mi porta via con i miei vestiti e la scatola maledetta, mi conduce in una stanza vicina, si toglie la divisa e si rivela essere lo stesso cameriere che mi ha ricevuto e mi ha incitato a rubare; ero così sconvolto che fino a quel momento non l'avevo riconosciuto.
"Bene bene!" disse "avevi paura?"
"Ahimè," mormoro, quasi incapace di parlare, "fuori di testa."
"È tutto finito", disse, "ed ecco i tuoi soldi".
Così dicendo, mi presenta la stessa scatola che avevo rubato, è un regalo del suo padrone, mi restituisce i vestiti, mi porge un bicchiere di brandy e mi riaccompagna da Madame Guérin.
"È una mania strana e piacevole", osservò il Vescovo; "la maggior parte può essere estratta per essere utilizzata in altri contesti. La mia unica critica è che contiene un eccesso di delicatezza; sai, ovviamente, che non sono molto favorevole a mescolare i buoni sentimenti con il libertinaggio. Lascia fuori questo elemento dico, e da quella storia si può imparare il metodo infallibile per impedire a una puttana di lamentarsi, indipendentemente dai modi iniqui che si è disposti a portare con sé.Basta offrire l'esca, attirarla nella trappola , e quando l'hai colta in flagrante, allora sei libero di farne quello che vuoi, non c'è più niente da temere, non oserà emettere un fischio per paura né di essere accusata né di essere oggetto delle tue recriminazioni ."
"Lo è," disse Curval, "e sono sicuro che se fossi stato al posto di quel gentiluomo mi sarei permesso di andare un po' oltre, e tu, mio ​​caro Duclos, forse non te la saresti cavata così facilmente."
Poiché le storie erano state lunghe quella sera, arrivò l'ora della cena prima che i signori avessero l'opportunità di concedersi qualche scherzo. Si recarono allora a tavola, fermamente decisi a sfruttare al meglio il periodo successivo al pasto. Fu allora che, riunita l'intera famiglia, decisero di determinare quali bambine e bambini potessero essere giustamente classificati come uomini e donne maturi. Per stabilire i fatti critici, i signori ritennero meglio fregare tutti quelli dell'uno e dell'altro sesso sui quali avevano dubbi, o meglio sospetti; tra le donne, erano sicure di Augustine, Fanny e Zelmire: queste tre graziose creaturine, di età compresa tra i quattordici ei quindici anni, tutte scaricate al minimo tocco; Hébé e Michette, che avevano solo dodici anni ciascuna, non valevano la pena di essere presi in considerazione, quindi si trattava semplicemente di sperimentare con Sophie, Colombe e Rosette, la prima delle quali aveva quattordici anni, le ultime due tredici.
Tra i ragazzi era risaputo che Zéphyr, Adonis e Céladon si scopavano come uomini adulti; Giton e Narcisse erano troppo giovani per prendersi la briga di mettersi alla prova; restavano da accertare le capacità di Zélamir, Cupidon e Hyacinthe. Gli amici formarono un cerchio attorno ad una pila di cuscini ben imbottiti disposti sul pavimento, Champville e Duclos furono nominati per gli inquinamenti; l'una, per le sue qualità di tribade, avrebbe dovuto fare da fricatrice alle fanciulle, l'altra, maestra assoluta dell'arte di fregare il membro maschile, avrebbe insozzato i tre giovinetti. Entrarono nell'anello formato dalle sedie degli amici e pieno di cuscini, e lì Sophie, Colombe, Rosette, Zélamir, Cupidon e Hyacinthe furono consegnati a Champville e Duclos; e ciascun amico, per meglio apprezzare lo spettacolo, prese un bambino tra le sue cosce: il Duca si appropriò di Agostino, Curval fece fare a Zelmire i suoi ordini, Durcet si affidò all'abilità di Zéphyr, il Vescovo favorì Adone per provvedere ai suoi bisogni.
La cerimonia è iniziata con i ragazzi; La Duclos, con i seni e il culo scoperti, la manica arrotolata fino al gomito, mobilitò tutti i suoi numerosi talenti e si mise a contaminare uno dopo l'altro quei deliziosi Ganimede. La mano umana non avrebbe potuto vagare, tirare, stringere e accarezzare con maggiore voluttà; il suo polso, le sue dita volavano con destrezza. . . i suoi movimenti erano delicati e caparbi. . . offriva a quei ragazzini la sua bocca, il suo seno, il suo culo, metteva tutta se stessa a disposizione con tale arte che non poteva esserci dubbio che coloro che non dovevano finalmente dimettersi non ne avevano ancora il potere. Zélamir e Cupidon si rafforzarono, ma tutta la conoscenza di Duclos, tutta la sua agilità, furono del tutto vane. Con Hyacinthe, invece, la tempesta scoppiò dopo il sesto movimento del polso: il cazzo balzò sul seno di Duclos, e il bambino impazzì mezzo mentre le accarezzava il culo. I signori badarono attentamente che durante tutta l'operazione al ragazzo non era mai venuto in mente di toccarla davanti.
Poi venne il turno delle ragazze; Praticamente nuda, con i capelli pettinati molto elegantemente ed egualmente elegante in ogni altra parte di sé, Champville non dimostrava trent'anni, anche se ne aveva cinquant'anni al giorno. La lussuria di questa operazione, dalla quale, come una vera tribade, si aspettava di trarre il massimo piacere, animava i suoi grandi occhi castano scuro che, fin dalla sua giovinezza, erano sempre stati estremamente belli. Metteva almeno la stessa verve, audace e brillantezza nelle sue azioni come aveva avuto Duclos nelle sue, contemporaneamente inquinò il clitoride, l'ingresso alla vagina e lo stronzo, ma la natura non sviluppò nulla di degno di nota a Colombe e Rosette; Non c'era nemmeno il più debole aspetto di piacere nelle loro espressioni. Ma le cose non erano così con la bellissima Sophie: la decima incursione digitale la portò svenendo sul seno di Champville; Piccoli sospiri rotti, piccoli suoni ansimanti, la tenera tonalità di cremisi che nacquero nelle sue adorabili guance, le sue labbra separate che crescevano umide, tutto manifestava il delirio in cui la natura l'aveva lanciata e fu dichiarata donna. Il DUC, il suo dispositivo solido come una mazza, ordinò a Champville di friglarla una seconda volta e quando si dimetteva di nuovo, il cattivo scelse quel momento per mescolare la sua cattura impura con quella giovane vergine. Per quanto riguarda Curval, aveva fatto il suo atto di caduta tra le cosce di Zelmire, e gli altri due loro con i giovani che tenevano chiusi tra le gambe.
La compagnia si ritirò per la notte e la mattina seguente non avendo fornito alcun evento che merita di essere citato in questo catalogo di imprese eccezionali e la cena che non avesse arredato nulla, né caffè, rimuovremo subito all'auditorium, dove il Magnificamente divando Duclos Appare ancora una volta sulla piattaforma, questa volta alla fine, con cinque nuove storie, le centocinquanta narrazioni che le sono state affidate per i trenta giorni del mese di novembre.

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